venerdì 10 maggio 2013

James Blake, Overgrown -- Recensione

James Blake--Overgrown
voto **** e 1/2

Eh già, ho tutte le intenzioni di osannare questo LP.
Incuriosita dalla recensione negativissima e pesantissima assegnata da Rolling Stone Italia, ho voluto ascoltare anche io questo album tanto per capire se dovevo aggiungermi al coro dei "A morte!!", oppure no.
Invece sono rimasta imbrigliata nella rete emotiva che James Blake costruisce; impigliata senza possibilità di tornare indietro e mai pentita di avere fatto una passo verso l'ignoto.
Ignoto perché ammetto che mi ero persa il suo album d'esordio del 2011, osannato dalla critica come un masterpiece (eh, abbiate pazienza; non faccio il mestiere di critico musicale e non sono neanche lontanamente dell'ambiente per cui le mie possibilità di venire a conoscenza di nuove uscite è assai limitata), tanto che si sono dovuti inventare un nuovo nome per definire la musica di questo giovane musicista: post-dubstep (-soul).
Comunque, se vi lascerete trascinare all'interno di questo LP intenso, muscolare, studiato fino al dettaglio più insignificante, cerebrale ma liberatorio allo stesso tempo, non ve ne pentirete.
Fin dal primo brano - la title track Overgrown -  la voce ambivalente di James Blake trasmette intensità e intenzione; alti e bassi - anzi, altissima catarsi e bassissima introspezione - desolazione dell'anima e beat malinconici.
Un uso della voce classicamente soul che si mescola a suoni elettronici perfetti, pieni e corposi.
Life Around Here per esempio, ha una base simil trip-hop su cui scorre la voce vellutata di Blake che ti accarezza l'anima con fraseggi e costruzioni vocali puramente soul-gospel.
Si passa da intricate realtà psicologiche dettate da beat e registrazioni in loop di schemi vocali strazianti, a brani semplici dove è il pianoforte a primeggiare perfino sulla voce; come in Dlm che scorre con amarezza e solida tristezza.
Oppure To the Last, che è emotivamente perfetta: la vocalità di Blake si avvicina in maniera pericolosa a quell'intensità propria di un'interpretazione di Antony Hegarty o di un ispiratissimo Bon Iver.
Lentamente si scivola verso la dolce e pacata conclusione di questo album che nella versione Deluxe si conclude con una Every Day I Ran; qui c'è più caos, il disagio di chi vive da disadattato è palpabile. Sembra un esorcismo, potrebbe suggerire disordine e perdizione ma nella quasi totale mancanza di lyrics sensate e compiute e nella sistematicità dei beat, l'ordine c'è eccome.
Sperimentazione coraggiosa anche nelle collaborazioni presenti in questo full-length: Take a fall for Me, è un mezzo demone con cui combattere. Prima delle due collaborazioni presenti nell'LP, è forse il brano meno collocabile perché spezza un po' l'andamento generale dell'album. Il featuring di RZA (leader di fatto del Wu Tang Clan), è un hip-hop sintetizzato, sommesso e non troppo di classe come invece arriva all'orecchio il resto del lavoro di Blake.
Mentre l'altra collaborazione dell'LP è quella con Brian Eno, che ho preferito: Digital Lion è una sorta di danza tribale claustrofobica composta da quattro minuti intensi, metodicamente perfetti fatti di sinth e un' alternanza di voce e post-dubstep ridotto all'osso.

Dopo averlo ascoltato un paio di volte ho ben capito perché chi ama il rock puro e crudissimo - e soprattutto non ha la mente abbastanza aperta ma rimane fossilizzato su preconcetti dell'era mesozoica - non possa apprezzare un album di questo calibro:
troppo introspettivo, troppo lento e troppo studiato nel dettaglio per chi apprezza i sound immediati e molto più istintivi del rock n' roll (che è poi lo stesso mondo da cui "provengo" io).
Eppure le persone che lo hanno stroncato sono le stesse che magari osannano Nick Drake, morto forse suicida giovanissimo e cantautore dell'introspezione e dell'emotività più cupa.
Io sono convintissima invece che scegliere percorsi alternativi sia tutt'altro che una mossa logica o studiata a tappeto ed è per questo che nonostante tutta la ricerca, la preparazione pre-registrazione, io riesca a vedere l'immediatezza e la genuinità di questo ragazzo che riesce a esprimersi solo mescolando generi all'apparenza opposti, in un nuovo modo di comunicare e fare musica.

Ascolti consigliati: "Overgrown", "I Am Sold", "Life Around Here", "Retrograde", "To the Last" e "Our Love Comes Back".

Hope Valentine.

Nessun commento:

Posta un commento