sabato 19 gennaio 2013

The 2nd Law: un'entropia devastante... parola dei Muse

voto: ***** (e volendo, aggiungerei perfino un 1/2)


Lo ammetto... sono una fan sfegatata.

Ma di quelle pazze e complete che sanno tutte le canzoni a memoria.
Ho tutta la discografia e gran parte degli EP di questa band inglese che fino a qualche tempo fa nessuno calcolava o comunque conosceva poco, ma che poi ha sbancato con l'album "The Resistance" del 2010, spettacolare e futuristico lavoro che ha preceduto in ordine cronologico questo "The 2nd Law".
Proprio questi ultimi due LP, li considero uno lo sviluppo dell'altro e in quest'articolo ho tutta l'intenzione di spiegarvi il perché.

Un po' sono preoccupata, ammetto anche questo. Non è semplice scrivere di un lavoro musicalmente così complesso, giudicarlo e sparare a zero sulle storture o sulle perfezioni assolute che s'incontrano nell'ascolto. Non riesco ad essere assolutista e nemmeno a sbrigarmela in poche righe; c'è troppo da dire, una trama e una sotto-trama che vanno sviscerate a fondo (e direte voi: quando mai sei stata breve e concisa?!).
No, non mettetevi le mani nei capelli... Cercherò di fare meno figuracce possibili.

Ammetto un'altra cosa; di termodinamica non ci capisco niente. Sono andata a leggermi cosa dice la seconda legge proprio grazie a quest'ultima fatica dei Muse. Va riconosciuto loro anche il merito di smuovere le mente dei loro ascoltatori, che per capire un loro album sono costretti a fare un paio di ricerche in rete, oppure a riaprire i vecchi tomi di scuola così come le enciclopedie.

La seconda legge della termodinamica, a cui questo album è dedicato, specifica dell'impossibilità di un sistema isolato di svilupparsi all'infinito, in parole poverissime. Terminato l'interscambio di energie la crescita del sistema è destinata a rallentare e ad esaurirsi, fino alla cessazione di ogni attività.
La tecnologia, l'economia e le forze umane non potranno mai espandersi all'infinito, sono destinate ad esaurirsi prima o poi. E siamo nel 2012, anno che i Maya predissero come quello della fine del mondo... ma facciamo finta di niente.
Insomma, i Muse tornano più apocalittici che mai, parlandoci di una forza in continua espansione che tende all'esaurimento energico. Proprio per questo ci sono ancora i viaggi nello spazio che tanto affascinano Matthew Bellamy, il frontman, alla ricerca di un nuovo mondo da abitare per la specie umana.

Quale sia il manifesto dei nostri tre di Teignmouth, ci viene specificato nel brano "The 2nd law: Unsustainable", che spiega in un mix elettronico di dubstep e acustico, il concept dell'intero album:
"All natural and technological processes, proceed in such a way that the availability of the remaining energy decreases. (...) New energy cannot be created and high grade energy is being destroyed. An economy based on endless growth is Unsustainable".
Come la mappa dei percorsi del cervello umano rappresentata in copertina, la nuova produzione di questa band è varia, mai banale o scontata piena di colori cangiantissimi e dalle interpretazioni molteplici.

Recensione track-by-track.

L'album viene aperto dalla potente "Supremacy", breve nelle lyrics ma incisiva  nel sound: ti si pianta in testa come una "Dead Star" o come una "Super Massive Black Hole", con quei quattro colpi iniziali (sembrano quasi cannonate), su cui si sviluppa succesivamente il resto del pezzo, fatto di batteria/basso/chitarra e qualche fiato in sottofondo (al primo ascolto ho quasi immaginato coloro-che-suonavano-la-tromba, sul punto di esplodere per lo sforzo!).
Che i Muse abbiano deciso di intraprendere la strada dell'anarchia? Nulla è stato dichiarato, ma la canzone candidata per diventare colonna sonora del nuovo film di James Bond - e poi soppiantata dall'insipida "Skyfall" di Adele - scalda i cuori delle masse e muove alla reazione contro i sistemi corrotti.
L'accordo in coda al del pezzo pare quasi essere un 'di più', come se inizialmente non fosse stato previsto ma poi durante la registrazione a qualcuno è venuto il lampo di genio, specie perché arriva dopo pochi secondi che la canzone è terminata. Come a dire: "Hey, ragazzi... siamo pomposi come sempre, non scordatevelo!".
E chi ci prova?!

"Madness": primo singolo estratto da questa ultima fatica. Modella super-gnocca del video a parte anche questo pezzo è un po' il manifesto dei Muse. Vogliono essere grandi questi ragazzi e perciò traggono ispirazione a piene mani dai grandi gruppi del passato: se nella prima parte del pezzo sembrano i Queen in salsa elettronica con quel basso distorto all'ennesima potenza e i cori di voci che armonizzano la parola "madness", verso la fine si trasformano nella versione da stadio degli U2. Non c'è niente da fare; ascolti questo brano e già ti immagini poco sotto il palco a urlare e a cantare a squarciagola anche tu "Now, I have finally seen the light". Il testo poi, è l'apoteosi dell'amore passionale, controverso e battagliero. Per la serie "non è bello se non è litigarello", la canzone parla di due teste calde che si amano e si combattono senza tregua per tutta la durata della loro relazione. Riusciranno a sopravvivere? La risposta è nel verso: "I need to love". Energia chiama energia e la distruzione del sistema isolato, per il momento, viene evitata.

"Panic Station" : amo e odio questo brano. Lo amo perché lo trovo il più spensierato e leggero - passatemi l'aggettivo - dell'album. C'è sempre una sorta di denuncia velata nel testo ma viene celata sotto il ritmo incalzante dettato dal basso di Chris. Insomma, muoviamoci i fianchi sopra mentre Matt canta allegramente, "Get up and commit, show the power trapped within. Do just what you whant to now stand up and begin".
Lo odio semplicemente perché non riesce ad attecchire come invece accade per quasi tutti gli altri brani dell'album. Per carità, è una canzone impeccabile negli arrangiamenti ma passa veloce, quasi al ritmo di un vecchio successo rimasterizzato degli anni '80 di Michael Jackson, ma niente più. Forse è un po' di plastica, ammicca troppo alle grandi masse danzanti e adoranti e la cosa mi fa storcere il naso ma ho sempre tempo per ricredermi. Mai sottovalutare un brano dei Muse, nemmeno a distanza di anni.

"Prelude"+"Survival": questi sono i Muse che amo di più in assoluto! E su questo per niente al mondo cambierò idea (forse quando avrò ottant'anni e non mi piacerà più tanto 'casino' ma allora sarò quasi con un piede nella fossa, per cui...). Il lato sinfonico di questa band è pura magia, a mio modestissimo parere. Riescono a mettere insieme generi così apparentemente distanti, a farli piacere al loro pubblico anche a quello meno colto e, ci riescono così bene che dopo la pubblicazione di questo singolo che ha fatto da colonna sonora alle Olimpiadi 2012, le vendite dell'album appena pubblicato sono schizzate ai primi posti fin dalla prima settimana.
Inutile spendere parole esagerate e altisonanti per parlare di una canzone costruita alla perfezione: all'inizio del pezzo troviamo gli ormai familiari coretti alla Queen che poi lasciano il posto alla voce/chitarra potente di Matt (che raggiunge vette alte abbastanza da lasciarti basito durante l'ascolto), per un climax di suoni che esplode sul finale. Un inizio alla chetichella che si evolve in una specie di masturbazione collettiva dei sensi all'urlo di "Fight!": immagino Matthew Bellamy mentre va in trance nel cantarla e il pubblico che lo segue a ruota durante l'ascolto.
Io alla masturbazione ho partecipato la prima volta che ho ascoltato il pezzo, e non mi tiro indietro a farlo di nuovo.

"Follow Me": la prima volta che nella mia macchina, mentre guidavo per andare a lavoro, si sono diffuse le pesanti note della base dubstep di questa canzone non sapevo veramente che cosa pensare. 'Si sono bevuti il cervello?', oppure digressioni del genere: 'Ma cosa vogliono fare? Numeri più alti e quindi propongono senza arte né parte un pezzo che sa tanto di Skrillex? Hanno venduto l'anima al Diavolo, traditori!'. Ma anche: 'Beh, un po'di innovazione ci sta sempre. In fondo perché non dare a questa società consumista ciò che vuole?'.
Chiaramente i Muse mi hanno confuso le idee con questo colpo al fianco arrivato senza preavviso. Forse era proprio ciò che volevano fare, e ci sono riusciti benissimo. Il concetto alla base di questo brano è semplicissimo: un padre che dedica una canzone al figlio appena nato. Potevano permettere che il brano mantenesse un down-tempo che si addice a questo tipo di tematiche? No. E allora, infiliamoci il dubstep così da rendere il tutto più incisivo...
Alla fine io mi sono ricreduta proprio perché tendo sempre ad essere più propositiva che negativa e, al terzo/quarto ascolto già consideravo questo brano come una garanzia.

"Animals": i classici, impareggiabili Muse. Un brano dalla melodia sincopata con delle lyrics di critica sociale. Qui, l'idea di base della seconda legge di termodinamica viene sviluppata in un'accorato tentativo di sensibilizzare le masse allo strapotere della casta. Il testo mi ricorda vagamente un altro grande pezzo di denuncia sociale che è "Izes Of The World" degli Strokes (da "First Impressions of Earth"), nella melodia invece li trovo molto vicini ai Radiohead di "Ok Computer" . I parametri per additarli come anarchici sono una volta di più confermati e a loro sembra andare benissimo.

"Explorers": prolungamento di "The Resistance", questo brano ripropone le atmosfere da viaggio nello spazio e delle possiblità di vita oltre questo pianeta malato che non ha più niente da offrire al genere umano perché ormai completamente consumato. Si ipotizza perfino che l'Elio-3 possa essere la nostra speranza nella fusione nucleare per creare nuova energia di seconda generazione. Non un pezzo particolarmente energico e neppure 'orecchiabile' - tutt'altro, infatti è uno di quelli che piace di meno a un primo ascolto - ma comunque simbolico e pieno di significato . Una valida alternativa a chi proprio non ha digerito la svolta di "Follow Me". E per chi è cervellotico e cervellone proprio come loro.

"Big Freeze"; dal bellissimo testo: "But our dreams are not the same, and I... I lost before I started. I'm collapsing in stellar clouds of gas". Altro brano arrivato direttamente dal grande spazio caotico di "The Resistance" abbinato all'idea basica della seconda legge della termodinamica, con la sua entropia di energia dispersa e consumata ma molto più ispirato dagli U2 di quanto non lo sia "Madness". Anche qui, il climax c'è ma a intervalli regolari tra una strofa e l'altra. E' un brano energico la cui resa è sicuramente studiata per i concerti live.

"Save Me": altra sorpresa che proprio nessun fan si aspettava. Io me lo apettavo ancora meno perhé mi ero persa la dichiarazione dove si parlava di questa novità. Un attimo di deconcentrazione e ti pare proprio che a cantare non sia Matt, a meno che non abbiano distorto la voce all'inverosimile ma allora... vai a vedere nei credits e la risposta arriva immediata: il brano è scritto e cantato da Chris Wolstenholme! Prima volta in assoluto nella storia della band in cui accade che Matthew Bellamy lasci le redini della conduzione a quanlcun'altro e che il suo bassista faccia sentire non solo la sua voce ma palesi anche le sue abilità di scrittura. La canzone parla della dipendenza dall'alcol e di come l'amore e la famiglia possano salvare da questa dipendenza, di come possano fare da ancora. Fondamentalmente è una canzone d'amore dove la parola "alcol" non viene mai pronunciata, così come non viene mai citata nemmeno la parola "dipendenza", si presta pertanto a varie interpretazioni vicine alle sensibilità diverse di ogni ascoltatore. E' la canzone più intima ma anche quella meno specifica, se così si può dire e devo ammettere che passato il primo momento di smarrimento è molto bella. Riuscita decisamente.

"Liquid State": più heavy della precedente ma sempre scritta e interpretata da Chris, parla sempre della dipendenza attraverso cui il nostro bassista è passato. "I’m on red alert.Bring me peace and wash away my dirt.Spin me round and help me to divert and walk into the light", anche qui troviamo una richiesta d'aiuto espressa senza troppi giri di parole.
La voce di Chris non è male ma devo dire che non è paragonabile nemmeno lontanamente per stile e capacità a quella di Matt. Nemmeno le due canzoni sono poi così fuori dall'ordinario: sono solamente un piccolo spazio ritagliato a qualcun'altro che è sempre rimasto nell'ombra - più o meno - di un frontman ben più dotato e carismatico.
Comunque, capisco la scelta e la condivido; soprattutto per la necessità che l'artista ha sentito di condividere una parte così importante del suo vissuto.
Trovo anche che questi due pezzi, avvalorino ulteriormente la tesi su cui si basa l'intero progetto: il 'sistema isolato Chris' non sarebbe sopravvissuto senza l'interscambio di energie tra lui e le persone che lo amano e lo circondano e che lo hanno aiutato a venirne fuori. Nessuno di noi potrebbe vivere da solo.

"The 2nd Law: Unsustainable"+"The 2nd Law: Isolated System": ed eccoci alla conclusione con i contro... fiocchi! Come era avvenuto per "The Resistance", anche qui i Muse scelgono di concludere l'album con pezzi quasi esclusivamente strumentali  - se si esclude la citazione della seconda legge della termodinamica in "Unsustainable". Ma se per il primo dei due pezzi la band sceglie di utilizzare l'ormai apprezzatissimo dubstep e ci va giù pesante, per il secondo fa una virata più stile 'ambient' e conclude in grande stile, quasi dilatato nel tempo, un album che ci ha fatto girare la testa con i suoi continui sbalzi di ritmo.
Quasi come un cerchio che si chiude, "Isolated System" ci culla dolcemente verso una dimensione parallela. Quasi un viaggio nello spazio più nero.
Un viaggio che non terminerà di certo con "The 2nd Law", ma che promette di continuare ancora per molto, molto tempo magari con una nuova evoluzione che ci sorprenderà, come è successo questa volta.



La scelta di evolversi, cambiare e sperimentare è piaciuta poco ai vecchi irriducibili fan e molto di più ai nuovi adepti. Io che rientro nella schiera degli incalliti sono comunque molto contenta e soddisfatta di questo ultimo lavoro dei tre di Tegnmouth.
Non solo perché dimostrano ancora una volta che evolversi (vedi anche alla voce Radiohead), è il modo migliore per soddisfare un bacino più ampio di fan - mentre il rimanere ancorati a un genere, a parere mio, è controproducente e non da arricchimento culturale e personale - ma anche che si confermano di anno in anno una delle migliori band rock che abbiamo in circolazione in questo momento.
Qualcuno ha voluto calcare la mano nel paragone con gli U2 ma ritengo che queste due band abbiano ben poco in comune, se non nella grandiosità dei rispettivi live shows: Bono Vox ha una sensibilità e una dote di scrittura completamente diversi da quelle di Matthew Bellamy. Il primo scrive/scriveva insieme al resto della band le sue canzoni, mentre Matt è quasi esclusivamente un 'One show-Man'.
Gli U2 erano grandi nel passato, e sono stati fenomenali con la pubblicazione di album storici come "War", "The Joshua Tree", "Rattle and Hum", ma ora il presente appartiene a band come i Muse, che sanno cambiare e modificarsi a immagine e somiglianza del loro pubblico perché è proprio grazie a quest'ultimo che ne viene decretato il successo o meno. La divulgazione di un messaggio passa attraverso le persone che ascoltano la loro musica.
Trovo sbagliato additare una band simile come 'ormai troppo commerciale'... che mai ci sarà di commerciale in un concept album basato sulla Seconda legge della Termodinamica?

Ciance a parte, vi lascio con un quesito... un mio piccolo viaggio mentale, nonché provocazione: se dovessimo applicare la Seconda legge anche alla potente crescita in atto dei Muse, quanto tempo rimarrebbe prima che il loro sistema isolato si esaurisca?

Alla prossima recensione! ;)
Hope Valentine.


2 commenti:

  1. Anche se e' trascorso piu' di un anno, vorrei rispondere alle tue esorbitanti riflessioni. Con the resistance e the second law i muse hanno fatto un tonfo pazzesco!! Non parlo di certo dei temi trattati, per quello anzi li ritengo dei precursori dell ' informazione (sono venuto a conoscenza delle antenne HAARP grazie a loro) piuttosto la musica lascia a desiderare seppur tralasciamo alcuni pezzi orecchiabili, sono mix musicali presi qua e la e messi senza senso. Che gli siano finiti i soldi e dovevano fare al piu presto dei dischi, ma non avevano la piu pallida idea di cosa sfornare? Probabile, ed anche comprensibile visto i capolavori precedenti.L ' innovazione come dici tu e' fondamentale come dici tu per una band, nel loro caso era sufficiente seguire lo stile di testi come " assasin" " black holes and revelation" " knight of cydonia" " map of the problematique" e " glorius" vari stili nuovi di tutto dire e sempre in stile muse.
    Invece con "the resistance" e "the second law" hanno scelto le porcate. Non a caso matt per il settimo album ha detto che vuole tornare a " suonare con gli strumenti come una volta" avra' capito l' errore? Speriamo di si e speriamo che non faccia schifezze come gli ultimi due dischi. Origin the symmetry e' quello piu riuscito cmq ciao

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    1. Ciao! Nel corso dell'anno che è passato, la mia opinione è lievemente cambiata ma non voglio modificare nulla della mia recensione semplicemente perché mi piace lasciare le cose come le avevo pensate, guardarmi indietro e capire che cosa del mio giudizio è cambiato. Mi fa piacere che qualcuno sia incappato nel mio blog e mi fa piacere che tu abbia avuto il coraggio di esprimere la tua opinione pur distante dalla mia dell'epoca. Grazie mille per il tuo commento e se volessi farlo di nuovo, sei il benvenuto!

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