mercoledì 14 novembre 2012

Joe Hill, "La vendetta del diavolo", e di altri magnetismi demoniaci

Cominciamo con il pubblicare la recensione su una mia recentissima lettura (finito di leggere la scorsa settimana, quindi abbastanza fresco nella mente ma comunque "digerito"); il libro in questione è "La vendetta del diavolo" (tradotto un po' maldestramente dall'originale americano "Horns"), di Joe Hill.
Non voglio perdermi in disquisizioni su chi sia l'autore anche perché basterà che ne riporti il vero nome: Jospeh Hillstrom King. Ergo...
Trattasi di un figlio d'arte con i controfiocchi (e contro**, qualcosa d'altro), che scrive romanzi, racconti brevi e graphic novel. Da poco ha raggiunto la notorietà come autore - e a onore del vero va detto che lo ha fatto senza sottolineare troppo che è "figlio di..." - ma temo che ben presto da scrittore di Horror/Thriller di nicchia raggiungerà la ribalta della super-notorietà in quanto è in preparazione un film tratto proprio da "La vendetta del diavolo".

Ma passiamo all'analisi approfondita dell'opera, cominciando dalla sinossi in poche righe (e perdonatemi fin da subito perché anche a scuola nei riassunti ero un totale disastro).
Ignatius, ma per tutti è Ig, Perrish un anno dopo la  morte della fidanzata Merrin Williams - stuprata e poi uccisa a colpi di pietra sul cranio - è un uomo per metà; senza un lavoro, senza amici e familiari che lo credono colpevole dell'omicidio e, senza uno scopo ben preciso nella vita si sveglia il mattino successivo a una serata di bagordi, con un terribile mal di testa. Osservandosi allo specchio si accorge con una certa dose di terrore, che un bel paio di corna gli stanno crescendo in fronte.
Lo stupore aumenta nell'arco della giornata, nel momento in cui si rende conto che queste ultime sono veicolanti dei pensieri più nascosti e dei desideri più turpi di tutti i suoi interlocutori. Inoltre, toccando gli altri è in grado di vederne il passato con chiarezza disarmante. Durante le giornate dell'anniversario della morte di Merrin, deciderà che quello strano paio di corna - non sa decidersi se una maledizione o una benedizione - possono essere il mezzo giusto attraverso cui scoprire il vero assassino della ragazza.

Con il suo stile veloce, sintetico e ironico Joe Hill ci regala non sono un Thriller soprannaturale pieno di una suspance che ti accompagna fino all'ultima - ma proprio l'ultima - pagina ma anche una lezione da imparare: nessuno, e dico nessuno, al mondo è esente dall'avere dei segreti e delle parti oscure di sè che non condivide con gli altri, che siano la famiglia o gli amici. Tutti i personaggi che il nostro protagonista incontra durante la parabola della sua storia, hanno una seconda faccia da mostrargli e lui impara ben presto a trarne del vantaggio per perseguire i suoi scopi.
Lo stesso Ig Perrish è esemplificazione e sublimazione di questo concetto; prima di perdere Merrin era praticamente un sant'uomo dedito ai meno fortunati; dopo la morte dell'amore della sua vita perde completamente la bussola e dopo una notte di cui ricorda solo di aver irrispettosamente pisciato su una statuina della madonna, comincia a trasformarsi in un demonio. Ma di quelli veri, che rispecchiano appieno l'immaginario del pubblico senza scadere però in orrendi e intuili cliché.

Alcuni flashback, ci riportano nel passato del protagonista e di tutti gli altri personaggi secondari, donandocene un quadro descrittivo completo a 360°; la parte divertente e bella della scelta dell'autore di mostrarci i personaggi all'età di sedici/diciassette anni non sta tanto nel fatto che pare quasi voglia scrivere un romanzo di formazione, come ho potuto leggere in qualche altra recensione sparsa qua e là in Rete, ma ci da invece la possibilità di dargli ragione fino in fondo nella sua teoria che forse l'Inferno è su questa Terra; le azioni del passato non restano impunite e senza conseguenza. Ad azione corrisponde sempre una reazione. E lo scorrere del tempo non seppellisce le colpe, tutt'al più le acuisce e le trasforma in una sorta di cliffanger nello spazio descrittivo del presente.
A tal proposito vorrei anche aggiungere che questi flashback, che sono pochi e si contano sulla dita di una mano, sono consoni e ben inseriti all'interno della vicenda. Un valore aggiunto piuttosto che un rallentamento al ritmo della vicenda.

Di messaggi "subliminali" che solleticano la fantasia del lettore e avvicinano questa lettura al genere Horror ce ne sono di parecchi; un esempio lampante sono i nomi della defunta findanzata di Ig, e della sorella della stessa che hanno un certo richiamo al sapor de "L'Esorcista". Difatti una si chiama Merrin e l'altra Regan.
Poi come non notare che l'autore giochicchia standardizzando l'idea che il rock sia la musica del diavolo? La parte finale del libro si intitola "Il vangelo secondo Mick e Keith", omaggiando apertamente la musica dei Rolling Stones il cui pezzo storico "Simpathy For The Devil" compare più volte nell'arco della narrazione(a tal proposito c'è una piccola chicca per i più appassionati: andatevi ad ascoltare sul suo sito ufficiale la "tracklist" del romanzo, che l'autore stesso ha stilato. Una raccolta di pezzi che Joe Hill ha ascoltato mentre scriveva e altri ancora consigliati da amici e parenti che li hanno trovati pertinenti alla storia. Una bella carrellata di pezzi, conosciuti e non, che vi caleranno direttamente nelle atmosfere che permeano il libro).
Il diavolo veste un gonnellino azzurro in tulle e danza goliardico tra i pupazzi di Maria, l'Angelo con la tromba e l'Alieno. Parla ebraico - per carità che blasfemìa! - e si firma L.Morningstar.
Ma a parte gli scherzi, in un universo ribaltato ma non troppo, offre molto più aiuto e conforto nel dolore di un Dio che a malapena viene nominato tra le pagine di un libro saturo di questi simbolismi puramente "Hillniani".

I cattivi sono veramente cattivi e i buoni non esistono quasi per niente all'interno di questa storia; nemmeno Ig Perrish può essere annoverato tra questi ultimi, anche perché è un diavolo e cosa c'è di più malvagio al mondo di un demone? Forse in passato è stato il buono per eccellenza ma la sua storia personale e il suo destino futuro fanno in modo che debba passare il testimone al fratello, Terry Perrish; sprecando qualche parola su questo personaggio secondario devo dire che la sua parabola personale è interessante tanto quanto quella del protagonista, anche se non così preponderante, ma avviene al contrario. Da personaggio negativo, al termine della narrazione diviene quello più pulito da colpe e innocente di tutta la storia. Una vittima degli altri, o quasi.
La sua innocenza viene comprovata nel corso dei fatti narrati (in fondo è lui l'Angelo con la tromba che Ig e Merrin scoprono nella Casa della Mente), e dalla purezza d'animo dimostrati da come riesce a resistere al potere demoniaco del fratello, che non riesce a cavare malvagità da lui nemmeno fosse un ragno nel buco.
Il personaggio positivo per eccellenza invece, rimane Merrin dall'inizio alla fine della storia; sublimata, bella, desiderata da tutti ma innamorata e fedele solo a Ig, quasi una Beatrice Dantesca. Incomprensibile nelle sue motivazioni e nelle sue scelte fino alle ultime trenta pagine del romanzo. L'unica veramente coertente con sé stessa dal principio. L'unica che è talmente buona e innocente da scatenare il male intorno a lei.
Forse un po' piatta, direbbero alcuni, poco approfondita e molto stereotipata ma io l'ho trovata affine alla storia; un perno attorno al quale si dipana il male. Il nucleo buono attorno cui vortica tutto il male del mondo.
Una scelta stilistica da parte dell'autore che non vuole relegare la donna a simbolo del male ma tutto il contrario; ne vuole fare una sorta di Campione massimo del bene. La figura di Merrin in particolare viene stilizzata proprio per fare forza sulla valenza simbolica di questa storia. Bene e Male. Uniti in un matrimonio di fuoco, proprio come quello che viene celebrato negli ultimi paragrafi de "La vendetta del diavolo".

Concludendo, si tratta di una lettura consigliata a chi ama il genere e non; tra le righe, ma non troppo, si parla anche dell'alienazione che vige nei piccoli centri urbani Americani come quello di Gideon, teatro della storia di Hill. A modo suo, l'autore fa retorica e ci insegna che non vi è alcuna differenza tra Buio e Luce ma che convivono all'interno di ognuno di noi: come le corna del protagonista che ci sono ma non vengono fatte pesare troppo nel corso del romanzo, anche il resto dell'ambientazione Horror c'è ma, come dire, non si vede.
E poi, è una storia dallo stile cool - rock e tosto quanto basta -  che per quanto immediato, scurrile e forse un po' semplificato anche per colui che ha voglia di leggere una bella storia senza annoiarsi troppo, ha un peso non da poco.
La lezione c'è, eccome. Sta a noi che leggiamo raccoglierla e, chiudendo il libro, ritrovarsi a pensare: "Eccheccavolo! Joe ha proprio ragione!".

Hope Valentine.

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